Descrizione
Il volume presenta una raccolta di circa settanta opere che una coppia di collezionisti torinesi ha riunito nel corso di un’appassionata ricerca, sulla recente iconografia del televisore nelle arti visive, retaggio in special modo del ruolo egemonico assunto dall’immaginario televisivo nella società odierna.
La collezione, nasce sul finire del decennio Ottanta e giunge fino ai giorni nostri con la particolarità che nessuna opera è mai stata commissionata direttamente agli artisti. Dipinti, fotografie, disegni, video e piccole installazioni, configurano da un punto di vista dei linguaggi espressivi la complessità monotematica della collezione, a cui fa da contrappunto la costellazione di protagonisti della storia dell’arte contemporanea internazionale, quali ad esempio Nam June Paik, Marcel Dzama, Tony Oursler, Joe Tilson, Euan Macdonald, Steven Meek, Martin Noll, Beate Spalthoff, Christian Rainer, Bob & Roberta Smith, Kocheisen Hullmann e William Klein. Al loro fianco si aggiungono gli esponenti dell’arte italiana, a cominciare dalle mitiche tele emulsionate da Mario Schifano, datate sul finire degli anni Sessanta, con le quali la presenza filmica e televisiva “glamourizza” gli scontri in piazza del maggio francese. Risalendo la china degli anni si raccolgono varianti sul tema della scatola catodica offerte da Ugo Nespolo, Salvo, Aldo Mondino, Bruno Zanichelli, Luigi Stoisa, Anna Comba, Giorgio Avigdor, Pierluigi Pusole, Ennio Bertrand, Maurizio Vetrugno, Santo Cinalli, Raffaello Ferrazzi, Fausto Gilberti, Enzo Gagliardino, Marco Nereo Rotelli, Giovanna Picciau, Flavio Favelli, Daniele Galliano, GEC, ConiglioViola, Nicus Lucà, Marzia Migliora, Margherita Morgantin, Gabriele Picco, Bostik, Sarah Bowyer, Maria Bruni, Laboratorio Saccardi, Marco Calò, Sergio Cascavilla, Ronald Victor Kastelic, Stefano Pisano, Enrico De Paris, Andrea Mandarino, Claudio Destito, Corrado Porchietti, Ruggero Cosentino di Rondè, Andrea Pozzato, Alessandro Rivoir, Jimmy Rivoltella, Ernesto Cretti, fino ad includere giovani emergenti come Laurina Paperina, Ramona Vada, Ester Viapiano, Andrea Facco, Maria Domenica Rapicavoli, Sara Abbasian, Monica D’Alessandro, Fabio Giorgianni. Molte opere in collezione raffigurano il televisore come soggetto e oggetto di riti personali e collettivi, accanto a vedute d’interni che lasciano il passo ad ambientazioni di chiara documentazione sociologica sull’uso dello strumento televisivo e altre volte replicano in chiave parodistica la finzione trasmessa dalla tv/scatola d’ombre.
La collezione si fa interprete di un momento della ricerca artistica italiana che, a metà degli anni Ottanta, ha visto emergere un fenomeno pittorico chiamato Medialismo, dalle particolari connotazioni in ambito torinese. Nella città in cui nasce l’Arte Povera, due decenni dopo cresce in ambito medialista una nuova generazione pittorica. Gli esponenti più accreditati sono tutti presenti in collezione con opere tra le più rappresentative del movimento, a cominciare dalla triade pionieristica composta di Zanichelli, Ferrazzi (ormai entrati nella leggenda per la promettente carriera prematuramente interrotta), e Pusole, unico “testimone” della scomparsa compagine e primo giovane artista torinese a varcare i padiglioni della Biennale di Venezia nel giugno 1990 e con il quale si consacra ufficialmente il Medialismo. Alla pattuglia dei “magnifici tre”, che per loro formazione e ricerca si è rivolta allo strumento televisivo senza alcuna mediazione accademica ma passando attraverso le fanzine, la pubblicità, il writing urbano e la musica underground, si aggiungono le firme di Pisano, De Paris, Cascavilla e Kastelic. Come naturale evoluzione, il televisore viene molto spesso interpretato come mezzo che comunica non tanto e non solo immagini, ma anche stati d’animo, angosce, solitudini ed incomunicabilità, oltre a testimoniare episodi del sociale e momenti di denuncia, fino ad arrivare a comporre una rappresentazione dell’ambiente familiare, quieto ma denso d’incognite, come narrano le opere di Laura MacCafferty e di Caroline Walker.