Descrizione
Le differenti prospettive, tra l’arte visiva e narrativa, tra il maschile e il femminile, tra il razionale pessimismo e la continua ricerca dell’umano, danno vita ad una visione stereofonica sul nostro mondo. I visi si incontrano (possono incontrarsi) solo quando guardano in direzioni opposte: l’uno verso l’altro. Il mondo e Torino vivono una fase di cambiamento, di passaggio tra un prima che non c’è più e un dopo che non possiamo ancora vedere.
In mezzo c’è il qui-e-ora, uno spazio-tempo non rappresentabile se non come distanza tra due momenti lontani, come lontane tra loro sono le arti che compongono le opere. Ma ogni distanza, per quanto grande, contiene in sé la promessa dell’incontro.
Là dove tutte le percezioni si innervano, in un gioco di relazioni che si compiono, un altrove crea il momento in cui le percezioni non solo si richiamano, ma si necessitano, si significano e si esprimono.
È parola della luce, del negativo, del colore ad olio, di pigmenti ed erosioni, nella gestione degli equilibri.
I due artisti si interrogano sulla temporalità, sulla vita e sulla sua opposta mortale conclusione, lavorando con ogni tipo di forma: materica, allusa o definita che sia, in quel multiforme irrompere del reale nell’esistenza umana e universale.
Il linguaggio non vira unicamente verso l’immagine e il gesto figurativo, ma ne investiga piuttosto le matrici comuni alla parola, come il desiderio di espressione o la necessità di “significare”.
La trasgressione di questi artisti, se trasgressione esiste, risiede nel dare voce anche al vuoto, all’abbandono, alla dinamica della designificazione che, comunque, fermenta di senso. Sarah Bowyer crea opere straordinarie, come gli scritti di Nicola Favaro. Dall’unione scaturisce una sinergia ampia e intensa, che dona al fruitore una chiave nuova nel contemporaneo, poco attento alle esigenze dell’arte.