Descrizione
Il libro fotografico di Stefano Stranges documenta la fase più dura dell’emergenza sanitaria per il coronavirus durante il confinamento e quarantena nazionale, in una visione partecipata sulla pandemia.
Prendendo spunto dal reportage ripreso a Torino durante i giorni di lockdown, Stranges restituisce spunti di riflessione sulle molteplici reazioni a questo evento epocale. Di fronte all’inaspettata ed imponderabile dimensione in cui il covid-19 ha catapultato la società, il fotografo è partito da un’analisi introspettiva, alla ricerca di consapevolezza e conforto. Nell’osservazione delle reazioni degli altri individui ha trovato confronto, risposte, speranza e la voglia di riemergere. Nel caos si fa spazio uno scenario variegato che rivela gli aspetti più intimi delle persone, ma anche l’esigenza di sentirsi parte di una collettività.
Così lo stesso Stranges racconta le motivazioni del progetto: “Il mestiere del reporter tende a portarmi lontano per raccontare storie e mostrare frammenti di vita. Questa volta la storia era sotto casa. Una storia di nuove barriere comunicative, di luoghi che si trasformano e di spazi che si convertono, di assenze e di nuove presenze: una storia di resistenza. Un lungo progetto fotografico, diviso in capitoli, un tributo all’essere umano che è stato protagonista di un fatto epocale che ha portato a fermare il tempo e i ritmi della quotidianità così come la conoscevamo.
Dopo i primi giorni di lockdown, passati a osservare il mio spazio intimo e a riflettere su cosa stava accadendo all’interno dei 200 metri consentiti dalla legge, ho sentito la necessità di uscire dalle trasparenti mura per andare a documentare la vita che procedeva fuori da quello spazio, ma questa volta la storia era sotto casa. Una storia di nuove barriere comunicative, di luoghi che si trasformano e di spazi che si convertono, di assenze e di nuove presenze, una storia di resistenza.
La relazione umana interrotta, ma anche quella che rinasce in un gesto di solidarietà, nonostante quella distanza obbligatoria che non permette una stretta di mano da parte di chi è riconoscente, o un ultimo saluto al proprio caro che è caduto in questa lotta. Perché quel limbo dove tempo e spazio si perdono e si respira il bivio tra la luce e il buio, è stato una trincea. E le sentinelle mascherate presenti in questa prima linea, erano anche sostituti dei loro affetti, uniche presenze viventi consentite, a parte quell’essere invisibile.”