Descrizione
Ayreen Anastas & Rene Gabri, Michel Blazy, Amilcar Cabral, Andrea Caretto & Raffaella Spagna, Filipa César, Critical Art Ensemble, Brigitte de Malau, Emory Douglas, Frame Works Collective, Fernando García-Dory, Piero Gilardi, Daniel Halter, Adelita Husni-Bey, Bukta Imre, Norma Jeane, Emmanuel Louisgrand, Bonnie Ora Sherk, Claire Pentecost, Marjetica Potrcice, Géraldine Py & Roberto Verde, Joe Quercia, Rozo Nomeda & Gediminas Urbonas, Marie Velardi, Ali Zaid
Il volume documenta le mostre e le attività del PAV Art Program 2014: Show Food, Sic Vos Non Vobis e Vegetation as a Political Agent.
“Il programma del PAV 2014 ha seguito una precisa linea che, a più livelli, ha indagato il rapporto tra ecologia politica e pratiche artistiche. Attraverso la messa punto, ormai consolidata, dei nostri seminari interni (momenti di riflessione teorica condotti al PAV nei quali ci si confronta con diversi professionisti sul tema che, di anno in anno, caratterizza le esposizioni e i workshop), abbiamo cercato di rimettere al centro la questione dei beni comuni e le esperienze relazionali della Bioarte.
In primo luogo, dopo i successi referendari contro la privatizzazione dell’acqua e la costruzione di centrali nucleari in Italia (1987 e 2011), ci è infatti sembrato che il discorso sui beni comuni, rispetto al quel periodo acceso e condiviso, apparisse come problematico. Il bene comune è in ogni caso qualcosa che muta nel tempo, un concetto dunque flessibile. Al tempo stesso, seguendo il pensiero del sociologo Guido Viale (Virtù che cambiano il mondo, 2013), anche il concetto di valore non è determinabile a priori. È quindi possibile allargare la maglia dei cosiddetti commons. Estendendo i confini di ciò che possiamo considerare “bene” ritroviamo con sorpresa elementi e concetti, reali quanto astratti, che in passato non avremmo messo in discussione nel loro essere inalienabili. Nelle esposizioni e nella conduzione dei workshop nel corso del 2014, il PAV ha così tracciato una sorta di mappa rispetto a questo ampliamento semantico, vale a dire un’estensione e un’apertura cariche di senso più che un’esclusiva riflessione intorno a questioni di tipo lessicale. In questo modo si è cercato di individuare quei beni che, a seguito del referendum di tre anni fa, avessero una stretta relazione con attitudini, fenomeni o controtendenze della contemporaneità. Oltre all’acqua, indagata nell’esposizione Sic Vos Non Vobis a cura di Claudio Cravero, sono state analizzate le dinamiche culturali e sociali di alcuni cibi e di determinate comunità, in particolare quelle che condividono per tradizione un bene alimentare nei suoi valori intrinsechi. Nella mostra Show Food, a cura di Orietta Brombin, elementi quali riso, caffè e grano hanno come ridisegnato una geografia degli spostamenti di quei vegetali che storicamente hanno accompagnato le spinte coloniali nella conquista di nuovi territori. In questa direzione, l’indagine dei beni comuni ha preso in considerazione anche il mondo vegetale. Le piante, oltre a costituire quella materia organica per la quale ci mobilitiamo ai fini della salvaguardia ambientale e la preservazione della biodiversità, sono però state analizzate nei loro aspetti biologici, sociali e politici. Infatti, la mostra Vegetation as a political agent, a cura di Marco Scotini, ha permesso di rintracciare una storia sociale delle piante dal punto di vista della “disobbedienza”. La vegetazione ha avuto, e ha di fatto tuttora, un ruolo politico e sociale all’interno del bioma nel quale viviamo e lungo tutta la storia della civilizzazione umana. I cereali e i legumi sono stati ad esempio i protagonisti della civilizzazione neolitica la cui strutturazione del potere sostanziale non è mutata fino alla modernità. In tempi più recenti le piante sono state protagoniste dell’oppressione coloniale, con la pagina nera dello schiavismo e oggi, in fase postcoloniale, le multinazionali agricole ricorrono all’ingegneria genetica per esercitare il controllo dei semi e, di conseguenza, sfruttare le popolazioni agricole di tutto il mondo.” (dall’introduzione di Piero Gilardi)